Poliamore e cattolicesimo: non c’è da preoccuparsi. O sì?

Scritto da Giorgia Morselli on . Postato in Stampa

Un articolo indignato, che parla del poliamore come di una minaccia, quello apparso recentemente sul sito No cristianofobia, il cui intento dichiarato è di «documentare ogni forma di aggressione ai princìpi, agli uomini e alle cose cristiane e di promuovere e sostenere tutte le iniziative pubbliche contro la cristianofobia».

L’articolo, rilanciato a distanza di pochi giorni sulle pagine di Corrispondenza romana, cita Poliamore.org come fonte (peraltro con precisione e puntualità) e lamenta:

Quei poveracci che continueranno a credere che il rapporto di coppia sia da intendersi solo fra due persone, meglio se sposate, e solo fra maschio e femmina saranno destinati a fare pessime figure in tutti i contesti pubblici. Secondo un canovaccio già sperimentato e molto molto funzionante, verranno definite mentalmente chiuse, razziste, anti-democratiche, ignoranti e contro la libertà. Appena proveranno a dire qualcosa su questo tipo di relazioni, subito verranno dipinti come mostri: “Perché vuoi impedire alle persone di amarsi?”. E parlare di questo sarà ancora più difficile.

Siamo un po’ spiazzati: da parte nostra, come redazione, vorremmo rimanesse intatto il principio del rispetto nei confronti delle scelte personali, compresa naturalmente quella di chi orienta la propria vita relazionale verso il modello della “famiglia tradizionale”. Può darsi che per molti il sistema di valori cattolico sia effettivamente incompatibile con un progetto di vita poli (ma non per tutti: lo vedremo in seguito), tuttavia ci sono alcuni punti sui quali ci preme dire la nostra.

Il poliamore non è “la libertà di avere tutti i partner che si vuole”. Per diverse ragioni, a partire dal dato di fatto, evidente, che una simile visione dei rapporti è condivisa solo da una minoranza di persone, per cui il destino del poliamorista è inevitabilmente quello di raccogliere picche ogni qualvolta il suo interesse si orienti verso individui che desiderano invece vivere rapporti di coppia esclusivi; o anche di non trovare nel partner attuale la disponibilità a un’apertura verso la nonmonogamia, caso non raro che può condurre a esiti variabili, comprese dolorose separazioni, o conflitti entro la relazione. Inoltre, i legami poliamorosi non sono necessariamente aperti: le persone coinvolte in un rapporto nonmonogamico possono essere legate da un accordo di fedeltà che le vincola a non intrattenere relazioni (sentimentali e sessuali) con altri. L’aspetto della consensualità può non saltare agli occhi quando ci si confronti per la prima volta con il concetto di poliamore, eppure è fondamentale in questo tipo di relazioni. E non è, questo, un valore vincolante? Dopotutto forse sì, se qualche riga più in là ci viene concessa una lieve rettifica: il poliamore sarebbe «la libertà di scegliere i partner come al supermercato (consenso permettendo)».

La definizione di poliamore dell’Oxford English Dictionary citata dall’autore dell’articolo (e tratta dal nostro sito), poi, ci suona stranamente zoppicante. La connotazione – primaria, nella voce del dizionario – dei legami poliamorosi come “strette relazioni affettive” è stata semplicemente tagliata via. Un copiaincolla maldestro, forse, sufficiente a spiegare come tutto il discorso che segue resti completamente slegato dalla questione dell’affettività. Che anche l’affetto possa essere un valore vincolante? Ma purtroppo in questo caso, trattandosi di un fraintendimento dovuto a una svista, non seguono rettifiche.

Avremmo anche qualche rivelazione sorprendente da offrire ai nostri lettori riguardo al rapporto tra poliamore e cattolicesimo: tra i primi pionieri attivisti del poliamore negli Stati Uniti figurano anche esponenti del clero cattolico, stando alla storia del poliamore tracciata da Deborah Anapol nel suo Polyamory in the 21st Century. È questo il caso di Robert T. Francoeur (1931 – 2012), teologo, biologo, sessuologo, docente universitario e prete cattolico dispensato dal Vaticano dall’obbligo al celibato, membro della Society for the Scientific Study of Sexuality e autore di studi accademici e divulgativi che esplorano sotto il profilo evoluzionistico le connessioni tra sessualità e spiritualità e gli stili di relazione non convenzionali improntati alla nonmonogamia. Probabilmente avremo occasione di parlarne ancora.

Noi non sappiamo bene che pesci pigliare riguardo a quest’articolo di Davide Greco. Corrispondenza romana è una testata dalla quale ci aspetteremmo un rigore giornalistico senz’altro superiore rispetto a quello manifestato in questa occasione, se non altro perché il suo direttore, Roberto De Mattei, è una personalità di spicco del mondo cattolico e di quello accademico, mentre noi, qui, siamo solo un manipolo di volontari impegnati a fare divulgazione su un tema che ci sta a cuore. Non siamo in grado di prevedere cosa accadrà nei prossimi cinque, dieci anni e quali contorni assumerà il confronto tra la famiglia tradizionale e i modelli alternativi, specialmente sul piano istituzionale. Quell’idea che prende forma nella conclusione, però, che criticare possa non servire a nulla e che la “famiglia tradizionale” possa considerarsi solamente il risultato di una scelta tra possibili altre, ci trova concordi. Nessun dorma, dunque, e magari qualcuno, anche, sogni.

 

[Nota a margine: l’immagine che compare a corredo dell’articolo su Corrispondenza romana, e che trovate nella nostra home page accanto all’anteprima di questo, è uno studio per i loghi di poliamore.org di Leunar Miranda Leal. Poiché il suo uso prevede l’attribuzione all’autore e al nostro sito, e questo obbligo non è stato rispettato, provvediamo noi.]

 

di Giorgia Morselli

 

 

 

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