Piccole grandi storie asessuali

Scritto da Jade Jossen on . Postato in Opinioni

Abbiamo chiesto ad alcune persone di raccontarci la loro storia alla scoperta del loro orientamento asessuale. Ecco alcuni racconti soprendenti che ancora una volta svelano la forza di essere sinceri con il proprio sentire nonostante i pregiudizi, i luoghi comuni e le pressioni dall’esterno.

Minni: prima e dopo la scoperta della verità. Prima di scoprire che l’asessualità era un vero proprio orientamento mi sentivo una persona sbagliata. Durante le scuole medie i miei coetanei iniziavano a fidanzarsi e a parlare delle prime esperienze avute con l’altro sesso, e io mi chiedevo che cosa ci trovassero d’interessante in un coinvolgimento intimo. Io avevo già sperimentato la prima cotta e nonostante il forte sentimento che provavo, non mi era mai saltato in  mente di andare oltre il bacio. Il periodo delle medie è stato quello più complicato, complice forse il fatto che in quei fatidici anni si raggiunge la maturità e si scopre un corpo nuovo, io invece cominciavo a sentirmi sempre più diversa dalla maggioranza. robot-love-640x418

Ho passato momenti in cui nella mia mente si sono presentate varie ipotesi: ho un blocco? Sono frenata da motivazioni religiose? Sono forse lesbica?

Uno dopo l’altro questi pensieri furono smentiti: non ho mai subito violenze fisiche né psicologiche e vivo in una famiglia serena; sono credente ma la fede non ha mai giocato un ruolo poi tanto determinante nella mia vita; e non sono nemmeno lesbica, perché altrimenti passerei più tempo a guardare le donne carine invece che gli uomini.

Continuavo comunque a non capire ciò che ero e il motivo del mio totale disinteresse nei confronti del sesso. Pensai addirittura di non essere in grado di amare, e intanto mi forzavo di essere come gli altri: ridevo alle battutine a sfondo sessuale il più delle volte senza nemmeno capirle, e mi obbligavo a trovare interessante l’argomento sesso.

Nel 2011 anni iniziai una relazione online con un ragazzo. Mi dicevo che se lo amavo veramente sarei potuta scendere a qualsiasi compromesso, ma più lui mi parlava di sesso, più io mi sentivo oppressa e obbligata a fare qualcosa che non era nella mia natura. La nostra storia finì entro qualche mese, dopo molta sofferenza e incomprensione. Ogni tanto ci ripenso ancora: se avessi saputo prima della mia asessualità avrei evitato di farlo star male e di star male.

La svolta decisiva è avvenuta nel 2012 all’età di ventun anni, quando ho incontrato un ragazzo fantastico che dimostrava un vero interesse nei miei confronti e io, a modo mio, ricambiavo il sentimento. I sintomi dell’innamoramento c’erano tutti, mi piaceva trascorrere il tempo con lui, ci si scambiava sempre la buona notte, si passavano piacevoli giornate assieme e quando giungeva il momento di salutarsi già sentivo che mi mancava. Le classiche cose che penso provino tutti quando sono sotto l’effetto della freccia di Cupido. Il punto è che lui voleva andare oltre, invece io non ne sentivo per nulla il bisogno; per me il massimo appagamento del rapporto di coppia consisteva in baci, abbracci e coccole. Riuscii a cogliere tardi i segnali che mi stava mandando. A me quel ragazzo piaceva davvero; mi ci volle un po’ per far passare la delusione e intanto continuai a interrogarmi sulla mia identità. Iniziai a cercare in rete, finché un giorno approdai nel forum di AVEN.it, dove scoprii dell’asessualità e che almeno un altro 1% della popolazione mondiale era come me.

Da allora ho iniziato a vivere più serenamente e ho smesso di sentirmi sbagliata. Se arriva qualche pretendente, appena raggiunto un buon grado di confidenza, spiego il mio orientamento evitando  così incomprensioni e inutili sofferenze. Quando penso al futuro, il mio orientamento non mi preoccupa, lo sento parte integrante della mia identità.

Syx44: Ero nel pieno della mia adolescenza quando sul web lessi la parola “asessuale” per la prima volta. Il fatto che trovassi normalissima, persino logica l’esistenza dell’asessualità avrebbe dovuto suggerirmi qualcosa, allora. Ma sul momento riposi l’argomento in uno spazietto della mia mente e lo ritirai fuori soltanto quando le lampanti differenze tra me e i miei coetanei cominciarono a farsi evidenti. La sfera sessuale, che tutti sembravano entusiasti di esplorare, non esercitava il minimo fascino su di me. L’attrazione sessuale era un’incognita. Il mio unico desiderio, stringere amicizie profonde, non trovava riscontro tra i miei compagni, presi da chiacchiere incessanti sul romanticismo e sulla sperimentazione sessuale. Fu quando scoprii che alcuni ragazzi della mia età erano sessualmente attivi che non ebbi più tentennamenti e abbracciai pienamente la possibilità di essere asessuale.

Credetti di aver fatto chiarezza sulla mia identità, e invece le mie certezze vennero infrante da un avvenimento che avrebbe rimescolato le carte in tavola. Strinsi finalmente un’amicizia leale e sincera, e nel corso dei due anni successivi il rapporto andò approfondendosi, raggiungendo uno stadio esclusivo, intimo e confidenziale. Fu allora che il mio affetto mutò in sentimento romantico e, circa quattro mesi dopo, cominciai a percepire anche attrazione sessuale. Riconobbi desideri e sensazioni che non avevo mai sperimentato prima e di cui fino ad allora avevo soltanto letto o sentito parlare.

Non ero asessuale, oramai era più che certo. Ma allora perché l’attrazione si era manifestata nei confronti di un’unica persona? E che per di più non mi aveva mai fatto quell’effetto prima? Perché quelle pulsioni non si erano mai palesate durante l’adolescenza? Cosa c’era di strano in me? Per anni non ho saputo come rispondere a queste domande. E poi, un anno fa, visitai la comunità asessuale italiana per chiarire i miei dubbi. E lessi questa definizione:

Simbolo demisessualità

Demisessuale: una persona che sperimenta attrazione sessuale solo verso persone con cui ha precedentemente instaurato una profonda connessione emotiva, spesso (ma non necessariamente) romantica.

Sorrisi senza rendermene conto. Finalmente avevo trovato la risposta che cercavo.

È passato un anno da allora, e posso dire che conoscere e dare un nome a ciò che sono mi ha aiutato a capire come e perché gli altri si rapportino con la sessualità in maniera diversa dalla mia, accettando le differenze tra il mio modo di viverla e quello altrui. Ho capito che per me l’attrazione, il desiderio, la passione erotica non sono la regola, ma l’eccezione. E mi sta bene.

Zilraag: La prima cosa che voglio dire è quella che dicono tutti: da quando ho ammesso di essere asex vivo meglio. Il problema è che quando ho deciso di uscire allo scoperto, con me stesso prima, con gli altri poi, avevo già passato i trenta. Di solito queste cose si fanno un po’ prima…
Quando cresci maschio, bianco, occidentale, eterosessuale, il problema delle minoranze è un problema che, al massimo dell’apertura mentale, riguarda comunque gli altri. Anzi, io non sono cresciuto “eterosessuale”. Io sono cresciuto “normale”. Quando avevo sedici anni, era il 1990. Non c’era il movimento LGBT di oggi, non esisteva Internet, il Gay Pride del Giubileo era da venire: c’erano i “normali” e i “finocchi”. I “finocchi” erano rinchiusi in un ghetto e si ritrovavano in locali che tutti sapevano dov’erano “e chissà cosa ti fanno se c’entri”. Sono serviti anni di militanza per i diritti civili per capire che forse i “finocchi” erano quasi esseri umani, e non animali affamati.
Ero in questa categoria? No, ringraziando il cielo, ero “normale”. E se non ero proprio normalissimo, perché a diciott’anni non pensavo solo alle donne, anzi, ci facevo amicizia perché mi interessava conoscere “l’altra metà del cielo”, bisognava aggiustarmi.
E chi te lo aggiusta il figlio guasto? Lo psicologo. Durante l’adolescenza, lo psicologo è l’elettrauto dei figli, per definizione. E se lo psicologo ti dice che il figlio non è guasto? Si cambia psicologo, naturalmente. I genitori pagano, e vogliono il figlio sano.
Non c’era nessuno che mi dicesse che poteva non interessarmi andare con una donna come non mi interessava andare con uomo. Ad oggi, ci sono persone che sostengono che l’asessualità sia una malattia e non un orientamento: pensiamo a cosa fosse nel 1990.
Allora arrivava la fase nella quale ti violentavi: provo con una donna anch’io; sono normale, lo fanno tutti e lo faccio anch’io. La cosiddetta “fidanzata” mi serviva per far vedere al mondo di non essere un pederasta. E una scopata la settimana tanto per dimostrarlo, la dovevo fare. L’unico vero atto d’amore che feci verso quella ragazza, fu lasciarla. Oggi ha un marito e una famiglia, come aveva sempre voluto.
Dopo la violenza verso sé stessi arrivano i mal di pancia. Alcuni sono vagamente indotti dalla famiglia, ma la maggior parte delle pippe al cervello te le fai da solo: “cosa ho di sbagliato?”, “sono malato?”, “perché non sono come gli altri?”, “sarò mica gay?”, “perché non mi riesce?”. Magari provi anche con i “viaggi della speranza”, astutamente mascherati da viaggi di lavoro, in Brasile, in Ucraina, a Cuba, in Thailandia. Quei posti che ti dicono “se non trovi da scopare lì…”. E lì proprio ti passa la voglia.
Poi, soprattutto grazie alla capacità di aggregazione che oggi ti dà la Rete, ho capito, più che di non essere sbagliato, di non essere l’unico. Ho letto decine di storie come la mia, e storie simili arrivano ogni giorno sul forum di Aven: credere di essere malati, i genitori che ti mandano dallo psicologo, il sentirsi isolati. Neanche ci fossimo messi d’accordo.
In estate compirò 40 anni. I miei mali di stomaco li ho avuti, e non me li toglierà nessuno. Il mio modo di vivere la sessualità, ormai, è definito da un pezzo. Ma mi piace poter pensare che un sedicenne nelle stesse condizioni in cui ero io oggi possa pensare, da subito, “non sono malato, non sono sbagliato, non sono solo”.

Alice Oddi: All’età di tredici anni vidi per la prima volta Orgoglio e Pregiudizio, la versione cinematografica del 2005 con protagonisti Colin Firth e Keira Knightley. Ero in gita con la scuola e, al termine del film, i primi commenti che si sentivano borbottare nel gruppo di studenti medi vertevano principalmente sull’assenza delle scene di bacio nella proiezione. “Eh, sì, hanno voluto mantenerlo un amore platonico!” disse allora una delle professoresse che aveva accompagnato la mia classe al cinema. “Platonico?” pensai io, “Ma certo! E’ il tipo di amore che vorrei anche io, in futuro!”Alice
Non so come mi venne quell’idea, a una simile, tenera età. Di certo non avevo ancora in mente le relazioni, né pensavo che ne avrei formata una con qualcuno a breve termine. Anzi, avevo una moderata sicurezza che per qualche altro anno non sarebbe successo.
Alle superiori, i miei compagni di classe iniziarono a parlare di sesso. Alcuni (e alcune), a quanto pare, l’avevano già fatto, o così dicevano. Nella mia completa ingenuità, risi, pensando che stessero soltanto facendo finta, per sentirsi grandi, per darsi un’aria adulta. Non capivo proprio cosa ci fosse di attraente nella sessualità umana. La descrivevano come “divertente”, cosa che non riuscivo neanche a immaginare!
Eppure, con l’andare del tempo, sempre più persone ne parlavano e condividevano esperienze. Se prima potevo, con la giustificazione dell’ingenuità, attribuire le mie supposizioni al fatto che solo una minoranza dei miei coetanei affrontava l’argomento sesso, ora non più: mi sentivo progressivamente parte di una minoranza, e i pochi altri membri di tale minoranza sembravano, al contrario di me, interessati a diventare parte della maggioranza.
Perché non provavo affatto attrazione sessuale? Perché non comprendevo? Immaginai che, forse, per me il sesso non poteva essere concepibile come divertimento, né in astratto. Magari un giorno avrei trovato l’amore e, contestualmente, la mia sessualità si sarebbe risvegliata.
Ebbene, a diciassette anni quel momento venne. Trovare l’amore, s’intende: conobbi una persona che aveva tanto in comune con me, stavamo bene insieme, insomma, sembrava quasi di vivere un sogno. Come molti altri primi amori, anche il mio aveva una certa componente di poesia. Tuttavia, la fantomatica componente sessuale pareva non risvegliarsi affatto, anzi: più andava avanti il tempo e più mi convincevo che non fosse mai stata lì! Tentai di spiegare alla mia controparte questa situazione ma, ovviamente, fu alquanto problematico e, a un certo punto, non riuscimmo più a trovare un punto d’incontro soddisfacente per entrambi; non molto dopo, avvenne la rottura. Quando si ama una persona, si vuole fare l’amore con lei. Questa era “la norma”, e a quanto pareva, per me la regola non si applicava.
Perché?
worlds_in_collision_by_heavenriver-d5f1tu6La risposta arrivò quanto mai inaspettata: un giorno mi connessi a Facebook − cosa che, a quel tempo, facevo sì e no una volta ogni due-tre mesi − e trovai, sulla bacheca di uno dei miei contatti, un link corollato da una frase sarcastica. Il link portava al forum italiano di AVEN, la comunità asessuale. Non avevo mai sentito quel termine prima. Dopo aver esplorato il sito, fu come se mi si fosse aperta davanti la porta verso le risposte che avevo senza successo cercato per anni. Tutto combaciava. Finalmente, capivo qualcosa!
Mi registrai e cominciai a partecipare attivamente alla community. Dopo qualche giorno, presi coraggio e iniziai a parlarne con i miei amici più stretti. Mi aspettavo che avrebbero detto di tutto e di più, che mi avrebbero fatto strane domande o altro… invece da loro ricevetti solo risposte positive, il che mi incoraggiò incredibilmente. Allargai piano piano il circolo di persone messe al corrente del mio orientamento, che finalmente aveva un nome; a parte qualche incredulità o incomprensione qua e là, ammetto di aver avuto la fortuna di parlare con moltissime persone aperte e pronte ad accettare una simile dichiarazione, cosa che non molti asessuali hanno avuto l’occasione di fare. Il passo successivo fu comunicarlo alla famiglia. La reazione in quel caso fu molto meno positiva: la presero come “disturbo psicologico” agli inizi, e mi consigliarono una psicologa. Non fu facile far capire loro che io stavo bene così, e che volevo solo renderli partecipi della mia nuova scoperta, ma col tempo compresero e smisero di farsene un problema.
Ho poi iniziato a partecipare a progetti di visibilità per la diffusione dell’asessualità nei media. Sono felice di poter contribuire positivamente a iniziative come questa, e spero sinceramente che quanti più asessuali possibile, da ogni parte del mondo, possano un giorno trovare una risposta alle loro domande: per me è stata una scoperta di impagabile valore.

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